Il buon vecchio Padre Filippo de Marini, un audace gesuita genovese, scriveva nel lontano 1664 che:“fra tanti e si possenti Regni del lontano Oriente, dei quali quasi giammai si intese parlare in Europa, ve ne é uno che chiamasi Lao”. Da quei lontani anni le cose si sono nel frattempo un po' evolute e la conoscenza del mondo si é ampliata oltre i ristretti limiti dei confini piú prossimi e oggi percorriamo in tutta la sua estensione questa terra affascinante che riserva inattese, piacevoli e qualche volta anche entusiasmanti sorprese. Nel cuore della (...)
Il buon vecchio Padre Filippo de Marini, un audace gesuita genovese, scriveva nel lontano 1664 che:“fra tanti e si possenti Regni del lontano Oriente, dei quali quasi giammai si intese parlare in Europa, ve ne é uno che chiamasi Lao”. Da quei lontani anni le cose si sono nel frattempo un po' evolute e la conoscenza del mondo si é ampliata oltre i ristretti limiti dei confini piú prossimi e oggi percorriamo in tutta la sua estensione questa terra affascinante che riserva inattese, piacevoli e qualche volta anche entusiasmanti sorprese. Nel cuore della penisola indocinese, senza alcun sbocco sul mare, su una terra montagnosa e coperta di foreste che sui grandi altipiani si mutano in piantagioni di caffé e di tek, addolcita dal susseguirsi di rilievi ammantati di bruma mattutina e resi dolci al tramonto dai caldi toni di colore del sole calante, si estendono i 236.800 chilometri quadrati dell' antico regno del Milione di Elefanti. I suoi confini sono quelli delle sue frontiere naturali. A Nord, dei grandi massicci montagnosi lo separano da Cina e Birmania e sono la patria delle grandi etnie di Thai, H’mong, Yao, Khmu: popoli delle montagne che conservano intatti i loro ancestrali costumi. Al centro delle grandi montagne, in una
valle solcata dal Mekong, splende l’antica capitale Luang Prabang dove una cornice naturale di incredibile dolcezza inquadra un tripudio di splendidi monasteri e pagode che levano al cielo le ardite linee di una raffinata architettura lignea: è uno scenario forse unico al mondo e per preservarlo l’UNESCO ha posto Luang Prabang nel World Heritage. L’arte religiosa laotiana possiede una carica mistica ineguagliata e per rendersene conto basta scendere a Vientiane e soffermarsi a ammirare i capolavori contenuti nel Ho Prah Keo o contemplare la slanciata mole del That Luang. Un grande ponte, qui a Vientiane, unisce le due sponde del Mekong e congiunge il mondo thailandese con quello laotiano, ora separati da una frontiera ma nell’antichitá nati dalla stessa radice. Per 1865 chilometri il grande fiume fa da frontiera fra i due paesi e, prima di precipitare con le fantastiche cascate di Phapeng nella pianura cambogiana, si allarga a disegnare lo stupendo scenario delle Quattromila isole. Un alto monte, dalla forma quasi cuneiforme, si erge sulla riva occidentale; sulle sue pendici gli antichi Khmer eressero una delle loro piú grandiose opere di architettura sacra: il Vat Phu. Sulla riva opposta, si alza
fino a mille metri di altezza l’altopiano dei Boloven ammantato di grandi piantagioni di tek, di the e di caffé che si estendono fino al limitare delle selve e dei boschi tropicali le cui fronde riparano i tanti villaggi delle minoritá etniche monkhmer che abitano queste terre dai tempi piú antichi e che sono rimaste fedeli custodi delle tradizioni piú sacre.